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Ignoto eziandio era il tristo avvenimento al Conte Franconi e alla costui figliola, la quale nondimeno, com’ebbe veduto entrar Beatrice qual morta nella sua camera ed essere adagiata in sul letto medesimo dove solea riposare innanzi del matrimonio, si rimase alzata accanto alla diletta amica sua, e tutta si abbandonò al dolore di vederla in quello stato.

Nessuno si era messo ancora in letto, tanto era stato rapido quell’avvenimento. In un istante adunque tutti i familiari del casino furono attorno a Beatrice proccurando di rianimarne il sentimento e richiamarla a vita.

Ma le cure si rimasero inefficaci, i rimedii onde si suol fare dissipare i deliquii tornarono infruttuosi.

Beatrice restava sempre in quello stato di scoraggiante immobilità.

Inutile sarebbe dipingere la costernazione di tutti ed in particolar modo del Marchese, il quale con ciglio asciutto ma ardente e disperato, non si mosse per un istante dal guanciale della figliuola, spiandone, per dir così, il respiro.

Beatrice respirava liberamente, ma era questa la sola funzione che appalesasse in lei la vita. Le fattezze del volto erano bianche e scolorate come i petali di bianca rosa; le ciglia abbassate spandeano sulle morte gote un’ombra cadaverica; e le labbra su cui passava a mala pena un insensibile alitare, erano allividite non altrimenti che se morte vi avesse soffiato sopra l’agghiacciato suo spiro.