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Parecchi anni scorsero in questa vita di miseria e di abbiezione; ma la disordinata condotta di Nunzio, ed alcuni fatti in particolare, pe’ quali la giustizia correa sulle peste dei reo, determinavano il Pisani ad abbandonare la sua terra nativa e la famiglia. Ei giunse però in Napoli in miserando stato, ricoverando, durante il viaggio, per ceppaie e boscaglie, e vivendo or d’elemosina, or di furto, or di erbe selvatiche, a seconda che il destro e il bisogno dettavangli.

Non erano passati molti mesi dalla sua venuta in Napoli, che un giorno, standosi oziosamente fumando un mozzon di sigaro all’angolo di una strada poco frequentata, vide accostarsi a lui un uomo già maturo di età, che gli offrì di lucrarsi qualche ducato purchè avesse voluto aiutarlo in una faccenda di dilicata natura. Trattavasi d’involare una carta dalla tasca di un uomo. Nunzio era troppo accorto per non comprendere che quel negozio pizzicava del birbante, e però, intingendo onestà, disse che ei non faceva di tali cose, cui la sua coscienza ripugnava; e, come quegli accresceva per gradi il guiderdone dell’opera, il Pisani non si accontentò che quando vide l’altro voltar le spalle per desistere dall’impresa; il prezzo era arrivato a venti piastre. Nunzio eseguì a puntino la commissione; la carta fu involata con sorprendente destrezza, e il compenso convenuto fu pagato.

Quell’uomo era notar Tommaso Basileo — Da quel giorno in poi un’amicizia intrinseca passò