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erano chiuse; e nelle strade di Napoli, pel consueto rumorose e popolate anche nel cuor della notte, regnavano in quella sera, allo scoccar dell’avemmaria, il silenzio e la solitudine.

Non occorre il dire come parimente, anzi vie più diserta e tetra si fosse quella lunghissima strada che, prendendo le mosse dal Ponte della Maddalena, per parecchie miglia fiancheggiata a sinistra da paludi, a dritta or dal mare or da casini, va a metter capo nella bella Portici. Cessato era lo sfioccarsi della neve; ma tutti quei vicini villaggi e casolari ne erano ricoperti, come da immensa coltre. Qualche punto di fuoco compariva a distanza in mezzo alle masse di biancore; e le cappe de’ cammini co’ culminanti fumaiuoli; le sole che discoperte restassero dalla neve, mostravansi qua e là nerissime e fantastiche, dando la precisa apparenza di monaci avvolti ne’ loro cappucci, e che se la divertissero a fumare su vastissima terrazza di marmo.

La solitudine di que’ luoghi ispirava terrore, sì che nessun’anima vivente od animale di sorta alcuna stampava quivi orme del suo passaggio.

Avresti detto esser quelli i confini del settentrione, di cui perennemente sono signori il ghiaccio e le tenebre, i due elementi della morte e del caos.

Eppure, in questi due elementi per lo appunto suole il delitto escogitare ed eseguire le perverse sue opere, quasi rettile impuro; figlio della corruzione, che si pasce di macerie e di cadaveri.