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vita, e ciò per cacciarle dal cuore la rimembranza di un passato che crucciavalo e che annebbiava di alquante nugolette la suprema contentezza di torre a moglie quella donna che tanto egli amava. Dobbiam dire che ei cominciava a sperare in Albina un amore pari al suo, o almeno più fervido di quello che per lo innanzi aveva sperato, dal momento in cui la sua diletta affrettato aveva il momento della loro unione, col trarre ella medesima a Napoli.

Ricchissima e splendida fu la dote di Albina e corrispondente alle ricchezze del marchese di Rionero.

Il matrimonio fu celebrato con pompa e solennità. La felicità di Rionero riverberava sul l’animo di Albina, per modo che, nel momento in cui il suo sposo le metteva al dito l’anello nuziale, gioiello del più alto valore e rappresentante due mani intrecciate un raggio di gioia candida e pura brillava sulla fronte di lei più del diadema di brillanti che le cingeva le tempia... Una lagrima errava nei suoi occhi. Era contento o rammarico? Iddio solo il sapea.

Dalla chiesa, in cui compiti si erano i sacri riti, una carrozza ben chiusa menava a Portici i due sposi, accompagnati dalla baronessa di Saintanges e dalla duchessa di F..., zia del Marchese.