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Egli ha il capo coverto da capelli rossi ma duri e ricci; il labbro superiore sporge in fuori carnuto, e tocca quasi la punta d’un naso grosso aquilino: direbbesi che gl’irsuti peli dei baffi non trovino luogo per ficcarsi tra quelle due prominenze, e li vedi però contorcersi in varie guise e quasi a forma d’istrice comporsi. I suoi occhi non poco inchinati allo strabismo, sono impertanto pregni di vivacità ed estremamente movibili sotto una fronte larga e spianata, in mezzo alla quale una ruga profonda apre un gran solco, come ferita, ovvero come la traccia d’una maledizione onde Iddio l’ha fulminata. Nel complesso della fisonomia di quest’essere umano leggesi a prima vista l’odio che ei concepir riebbe per ogni bellezza, e quell’irascibilità di carattere naturale nei deformi; ma, meglio studiando i suoi lineamenti, restasi colpito dalla espressione di profonda sagacità di cui sono improntati, e da quella solenne imponenza di cui rivestesi il volto di quegli uomini che fanno della scienza la consueta loro occupazione.

La meschina candela serve più a gittare sinistre ombre nella camera, anzichè a rischiararla; pochi libri in quarto sono ammucchiati in un angolo di muro; alquanti sono aperti sul tavolo, ed indicano che da poco il giovane ha cessato dall’attingervi il pasto intellettuale.

Le pareti della camera, lottanti tra il bianco e il nero, davanle piuttosto l’aspetto d’une prigione, tanto più che freddo e umido erane il suolo senza mattoni.