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— Oh Dio! dicea il notaio, ho dato, la mia vita... sì la mia vita, perchè io ne morrò... ne morrò.

— Tanto meglio!... la società non piglierà certamente il bruno per la tua morte.

— Tu aggiungi la burla alla scelleratezza. Ora dammi quella lettera... per mia cautela.

— Per tua cautela! Oh imbelle!... e la mia quale sarebbe? Chi mi garantirebbe che domani tu non mi facessi arrestare dicendo alla giustizia che ti ho involato quelle gioie che custodivi per semplice deposito? Oh! i tuoi pari non vergognerebbero di far ciò. Questa lettera è mia guarentigia.

— E la mia?

— E quando mai gli assassini han d’uopo di essere garantiti?... Addio.

Gaetano stava per valicar la porta, quando fu udito lo scoppio d’un’arma a fuoco.

L’infame notaio, nel momento in cui Gaetano era occupato ad esaminar le gioie, avea tolto di soppiatto dal cassettone una pistola carica, e, nel punto in cui il commesso gli volgea le spalle per aprir l’uscio delle scale, avea tentato di assassinarlo; ma la mano già convulsa avea mal diretto il colpo, e la palla era ita a forare la porta.

Gaetano si voltò verso di lui placidamente, e con disprezzo gli disse:

— Infame! i ferri... e non la forca ti spettano... perchè pochi altri giorni ti restan da vivere.

Il commesso uscì...

Il notaio cadde semivivo sopra una sedia.