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cotto; cosicchè nessun istrumento culinario vi si vedea, tranne una scodella, un piattellino di creta, di quelli che si usano nelle bettole di campagna, un mestolo ed un coltello di ferro senza manico.

In quanto alle suppellettili, un pagliericcio gittato sovra un’asse sostenuta da due panchette di legno, tre sedie, di cui due appena poteano rispondere al loro impiego, un tavolo, che appartenuto era a’ suoi antenati, ed un alto cassettone di noce, formavano tutti gli arnesi e le comodità del suo vivere. Nulla si può immaginare di più gramo. Questa mostra di miseria era congiunta alla più succida trascuratezza: il cesso stava trionfante, degno immobile tra quei spettabili mobili; cosicchè orrendo era il puzzo che in quella stanza continuamente soffrivasi, o per meglio dire, non soffrivasi da nessuno, chè nessuno quivi penetrava giammai; e, riguardo al padrone di casa, i suoi nervi olfattori erano troppo obliterati e corrotti per l’assuefazione di quella puzza per essergli questa sensibile. Erano circa venti anni che anima vivente non mettea il piede in quella non direm casa ma fogna. La finestra che rispondea sovra immonda terrazza era mai sempre chiusa in ogni stagione imperciocchè temea l’avaro esser da qualcuno sorpreso da quella parte, ove con una scala addossata al muro un uomo potea di leggieri ficcarsi nella camera. Per conseguenza di questo timore, non pure i vetri, ma le grosse imposte eran chiuse ordinariamente a sbarra, non di-