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IV.


il testamento all’anima1.


Un giorno, Gaetano stava solo nella curia.

Erano le 10 del mattino. Il notaio era ito verso Toledo per una scritta nuziale. Secondo il consueto, egli lasciato aveva a Gaetano di che occuparsi, e avea portato seco tutte le chiavi delle schede, ov’erano stivati i secolari protocolli.

Gaetano, seduto presso al suo tavolino, con sopra enormi quaderni, era in quel momento in sulla copia di una carta che tenea spiegata dinanzi. Ma il suo pensiero aveva attaccato i cavalli di posta, e fuggiva... fuggiva ben lungi mentre le dita obbedivano all’impulso dell’assuefazione.

Erano pochi mesi da che sua sorella era morta, ed egli era... tristo... tristissimo; parea che in qualche modo l’avesse anche abbandonato quella febbrile passione per l’arte medica che avea sostenuto fino a quel momento il suo coraggio. La vita gli pesava;... sentiva, forse per la prima volta, piegar la sua anima di ferro sotto la continua compressione di un destino inesorabile che sembrava compiacersi a distillar

  1. Eran così chiamati que’ testamenti, ne’ quali da’ tastatari legavasi tutto il patrimonio, o buona parte di esso, a celebrazione di messe. Una prammatica della Reggenza di Re Ferdinando IV li proibì.