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be sempre facile a suggere il fiele delle cattive lingue, preso aveano un carattere di verità.
Quest’uomo, nomato Tommaso Basileo, di aspetto ignobile e alcun po’ feroce, spingea la sordida passione dell’avarizia fino all’eccesso, vivendo come il più misero ebreo, ed ammazzandosi di fatica per non dare ad altri una benchè scarsa parte dei suoi lucri.
Ognun vede che in peggior creatura imbattersi non potea l’infelice Gaetano; ed in fatti alle prime offerte di servigio fu risposto brutalmente non esservi uopo di altre braccia; e finalmente non fu ammerso come scribente nella curia notariale, che contentandosi del ricco salario di grana dieci al giorno. Gaetano dovea portarsi alla curia alle otto del mattino per uscire alle undici, e quindi alle due dopo il mezzogiorno per uscirne alle otto. Nove ore al giorno d’indefesso lavoro per un carlino!
Sarebbe stato impossibile di viver tre persone con quella infima moneta, se Caterina, la sorella di Gaetano, non avesse da parte sua sovvenuto alle spese giornaliere, mercè l’opera da lei prestata in casa di una sarta in via di S. Giovanni a Carbonara. Gracile, leggiero e diafano, il corpo di questa disgraziata giovanetta pareva ad ogni istante volersi disfare e allargar la sua trama per isprigionare un’anima candida e pura. Un lavoro assiduo, faticoso, congiunto alle più amare privazioni ed agli stenti di una vita infelice, dovean bentosto gittar nel seno della sventurata il germe di quel funesto