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— Sì; la Camera Notariale mi ha facoltato a supplir notar Tommaso.

— Abbiate dunque la bontà di trovarmi l’atto originale d’un testamento formato nell’anno 1745.

E Amedeo gli diede le indicazioni necessarie.

Il nuovo commesso, per nome Domenico, si apprestò a fare la volontà del cavaliere.

— Cospettone! sciamò Domenico, l’armadio è aperto!.. Un incartamento è qui spiegato!!... è questo appunto il vostro testamento, signor cavaliere.

— Il mio!

— Forse notar Basileo, soggiunse il commesso, dovette riveder qualche cosa in questo atto originale.

— È probabile, disse Amedeo che si sentiva sollevato da un peso mortale.

— Ebbene? che cosa vi occorre di sapere, signor cavaliere?

— Nulla! mi occorre di avere nelle mani questo testamento... Ecco di che compensare il vostro silenzio.

E ciò dicendo, gittava sulla scrivania una borsa, che diede un suono acuto e nuovo alle orecchie di Domenico... Era zeppa d’oro.

Il commesso restò trasognato.

— Non abbiate scrupolo alcuno, ripigliò subitamente Amedeo, nè timore per la vostra persona...

Domenico guardava la borsa con occhi di fuoco.