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parimente rinvennela barrata; e così per molti giorni consecutivi, il cavalier Amedeo, sospettoso di qualche funesta avventura accaduta al giovin commesso, ricercò della cagione, per la quale la curia rimanea chiusa, e gli fu detto che da oltre una settimana notar Basileo era gravemente infermo, e che il suo commesso era sparito, non si sapea per dove e per qual motivo.
Santoni vivea nella più ambasciosa incertezza per non poter conoscere se il testamento era stato involato: gli ricorreva spesso alla mente il pensiero che il commesso non si fosse valuto dell’istrumento per venderlo alla giustizia: pensava a tante cose che il rendevano insonne e smanioso, e ogni dì il suo carrozzino attraversava il vicolo dov’era situata la curia.
Un mattino la curia era sbarrata... Amedeo respirò, e, dato un balzo dal suo carrozzino, fu dentro.
Un uomo sedeva alla scrivania, ma non era Gaetano...
Un sudor freddo bagnò la fronte del signorotto, e dimandò al nuovo commesso:
— Di grazia, è ammalato forse quel giovine che occupava non è guari il posto che voi occupate presentemente?
— No, il notaio lo ha congedato.
— Qualche mancanza forse?...
— Un delitto, o signore.
— Un delitto! Cielo! e quale?
— Un furto.