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tano a furare ii testamento), allorchè il cav. Amedeo ricevette dal commesso del notaio il convegno pel domani, presso le gradinate dell’Orto Botanico, per ricever da quello il testamento all’anima e consegnargli le cento piastre di promesso guiderdone, non mancò, siccome fino ciascuno immaginarsi, di trovarsi al sito indicato, verso le ventitrè ore italiane, secondo che convenuto si era tra lui e il giovine scribente della curia. Ma indarno aspettò quivi fino al cader della notte, perciocchè il commesso non venne. In quella medesima ora, Gaetano, se i nostri lettori sel ricordano, tornava in sua cosa col denaro ricavato dalla vendita di un gioiello, e trovava, dopo fracassata la porta, estinta la nonna. È chiaro che Gaetano, cui la Provvidenza avea posto sottocchio la lettera del genitore, sicuro oggimai di aver nelle mani un documento che lo avrebbe arricchito, non si era dato più alcun pensiero d’involare il testamento che gli potea fruttare soltanto qualche centinaio di piastre. Anzi, dobbiam dire che, nello scompiglio in cui lo avea gettato la scopritura della lettera, avea dimenticato interamente la faccenda del signore dal nastro rosso. Pochi giorni di poi, Gaetano abbandonava Napoli, e postergava tutte le funeste ricordanze della sua prima giovinezza.

Intanto il domani del giorno in cui avea inutilmente aspettato, il cav. Amedeo si portava di bel nuovo alla curia di Tommaso Basileo, che trovò chiusa; vi ritornò il giorno appresso, e