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dandoci che la S. V. non che resti contenta per tali nostre occurentie, ma per la humanità sua et affectione, quale sappiamo porta a le cose nostre, havendolo in potestà ad noi lo manderìa. Ma al tempo antedicto omnino a la S. V. si conferirà, a la quale in tucte le cose ci offeriamo et racccomandiamo».

In questa lettera già comincia a spiegarsi la poca volontà che nutrivano i Sanesi di attestare co’ fatti amicizia a colui che già aveva una volta rovesciato il loro stato, e mirava ad occupare almeno un qualche loro porto di maremma per dominare in Toscana. Cominciano i Sanesi col fare al Duca un tacito rimprovero d’importunezza, dicendo di avere già essi ceduto alle sue istanze dell’anno antecedente e mandatogli il chiesto ingegnere: quindi motivano i guasti de’ doccioni dell’acqua potabile e l’imminente serrare del lago della Bruna, come se e’ non avessero allora il Salvetti, il Vannocci, il Cozzarelli ed altri architetti, i quali nella breve assenza di Francesco non avessero potuto curare queste opere. Forse speravano che la significata dilazione avrebbe fatta inutile l’andata di Francesco: ma se così pensavano, e’ s’ingannarono, ed il Duca menando buone le loro ragioni, insistè con un’altra lettera1.

Magnifici domini amici nostri carissimi:

«Havemo inteso quanto le S.rie Vostre ci hanno scripto per le lectere de’ xviij del passato in excusatione del venire da noi mastro Francesco de Georgio, architecto de questa cità, che non possa esser prima che a marzo proximo futuro, per havere a dare recapito ad alcune cose per bisognio di questa cità. Respondemo che essendo luy remasto per lo bisogno de le cose de la cità predicta, ne è stato sommamente caro, non altramente che si fosse venuto: et le Signorie vostre ne havessero hauto bisogno, cel haveriamo de continente mandato. è ben vero che per adericzare alcune coso de la Maestà del Patre, Nostro Signore et Patre Col.mo, et nostre, la presentia sua ne saria stata multo necessaria: ma non possendo luy venire fin marzo, haremo pacientia fino ad quel tempo: ma desideriamo che non havesse più ad tardare. Et però preghiamo le Sig.rie V.re che per re-

  1. Arch. cit., filza 57. Gaye, doc. CXLIX.