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CAPO V.

Fatto potestà di Port’Ercole, se ne esime col mezzo di Guidobaldo duca d’Urbino. I Sanesi lo vogliono architetto perito nell’affare di Chianciano. Informa la repubblica di alcuni moti di gente d’armi. Quei di Lucignano lo chiamano a munir la terra. Gian Galeazzo Visconti lo dimanda per averne il parere circa la cupola del duomo di Milano. Va in questa città ed a Pavia. Espone il suo giudizio, è rimunerato, e ritorna in patria.


Ma il grazioso favore de’ governanti non è noto che portasse per allora a Francesco altro frutto che di parole: infatti i vantaggi qui promessigli non s’incarnarono mai. Bene conveniva alla repubblica di aver al suo soldo in que’ tempi torbidissimi colui che era forse il miglior architetto militare di quei giorni; nè poco doveva in tali vertenze giovare a Francesco il favore del duca di Calabria uomo tremendo per armi e più ancora per inganni alle repubbliche toscane, ed autore in Siena della rivoluzione del 1480, pella quale i popolani e quelli del Monte de’ Nove cacciarono il Monte de’ Dodici coi gentiluomini (1): fors’anche le benefiche intenzioni de’ suoi concittadini furono impedite dal rovescio del nuovo governo, allorchè nel 1487 Pandolfo Petrucci con un pugno di oligarchi asservì la città dove era nato; fors’anche l’artista preferiva la quiete della quale godeva in corte di Urbino, epperciò, dissimulando un più alto motivo, quando la patria lo eleggeva in podestà di Porto Ercole, una tra le primarie terre del Sanese, rispondeva per lui Guidobaldo pregando quel reggimento non lo volesse privare d’un uomo che tanto gli premeva. Ecco la risposta per lui fatta dal Duca (2):

Magnifici domini fratres amatissimi.

«Maestro Francesco di Giorgio de lì, mio architector, mi fa intendere havere adviso di lì esser stato eletto potestà a Porto-hercule, et

  1. Sismondi, Histoire des Républiques Italiennes, cap. 87.
  2. Arch. delle Riform., filza 54. Gaye, documento CXIX.