Pagina:Martini - Trattato di architettura civile e militare, 1841, I.djvu/41


di fr. di g. martini. 21

SS. VV. li prestino fede a quanto vi dirà in mio nome». Ex felicibus castris pontificalibus et Regiis aput Rencine xxv julii 1478.

Federicus Dux Urbini Montisferetri Comes et Regius Capitaneus generalis et sanctae Romanae ecclesiae Confalonerius.

Direzione: Magnificis et potentissimis dominis gubernatoribus comunis dominis capitaneo et prioribus populi civitatis Senarum.

Altra lettera simile a questa (dal campo della Castellina 28 luglio) fu edita dal dottor Gaye. Non è improbabile che Francesco servisse allora come ingegnere le armi della lega della quale era capitano generale il duca Federico, nella guerra mossa ai Fiorentini dopo la mala riuscita della congiura de’ Pazzi.

Era questo Federico duca d’Urbino uno de’ maggiori uomini dell’età sua: peritissimo nell’arte militare e della persona sua valente quant’altri mai, amatore delle lettere, dei virtuosi uomini, del bello e del buono per senno e per bontà che aveva, poichè la vita soldatesca che menò di continuo ne’ campi non avevagli concesso di acquistar per sè quella coltura che ammirava e premiava negli altri. Io non devo parlare delle imprese sue notissime, essendone piene le storie; dirò solo degli edifizi per esso fatti che molti sono e più assai che non parrebbe per un principe guerresco, e di piccolo stato: gli architetti da lui a tal uopo condotti talvolta conosconsi, talvolta conghietturansi, talvolta ignoransi affatto: io poi ho sin’ora aspettato a parlare delle opere di Federico, perchè a questi anni era in corte sua Francesco di Giorgio come ingegnere, scrittore di architettura, e lo vedemmo ora anche oratore pel Duca.

Degli edifizi ch’egli nello stato d’Urbino condusse dal 1477, nel qual anno abbandonò Siena, sino al 1482 nel quale morì Federico, non si hanno altre notizie che quelle da lui stesso somministrateci, e poichè non se ne conoscono gli anni precisi, io li dirò qui riuniti1. Dopo un lungo elogio fatto al Duca, già allora mancato ai vivi, aggiunge: «Non posso pretermettere la magnanimità sua che per li edifizi per lui fabbricati et ordinati si demostra, della quale io ne posso dare vero indicio, perochè per sua benignità et umanità amandomi teneramente come

  1. Valgomi per questa enumerazione del Codice Sanese autografo.