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patria, non ostante che in questo vizio d’ingratitudine non siano incorsi i miei compatriotti, quantunque imperito ed insufficiente io sia, anzi hanno ricerco onorarmi e volermi grandemente premiare, onde per questo debbo la patria mia lodando esaltare1.

Ma dell’opinione falsa di quelle patrie che i propri figli agli stranieri pospongono, la penitenza immediate ne segue per gli effetti mostruosi loro, come avvenne ai Rodiani2, i quali avendo un loro cittadino chiamato Diogneto da loro pubblicamente salariato, venne in quel tempo a Rodi un altro architettore chiamato Chalias, il quale mostrando alcuni modelli e disegni di macchine, fra i quali era uno per trarre dentro i tormenti dell’inimici, visti questi disegni, il popolo di Rodi, senza altro considerare, lo stipendio di Diogneto ingegnoso ed esperto architetto a Chalias ignaro e presuntuoso trasferì. Poco di poi assediando Rodi il re Demetrio fe’ per ingegno di Epimaco una macchina potente per superare i difensori delle mura, la quale dicendo il popolo Rodiano a

  1. Le molte differenze che corrono in questo prologo dal cod. Magliabechiano al Sanese, m’inducono a riferirne la miglior parte anche da quest’ultimo (f.° 68 v.°): «.......benchè più et più volte habbi facto deliberatione di non volere manifestare alcuna mia machina, perochè havendo io acquistata la notitia di quelle con grande mia spesa di experientia et grave incommodo, lassando da parte le cose al mio vitto necessarie, ho visto per experientia che el premio che io ne ho ricevuto è stato uno effecto di ingratitudine: nè trovo chi consideri che le experientie non si possino acquistare vere senza longo tempo et dispendio et impedimento de laltre cure utili, ma solo quando ciercano havere alcuna machina o ingenioso instromento, vedendo el disegno, et parendoli poi cosa breve, la fatigha sprezzano de la inventione: ma questo anchora saria picholo affanno, se non seguisse uno magiore incomodo all’animo et molestia: perochè sempre et maximamente hogidì, li ignoranti facendosi honorati de le fatighe aliene et si gloriano con parole di sapere et potere molte chose, le quali se la verità si cercasse si trovaria essere inventioni d’altri; et questo vitio ne li tempi abonda in quelli che architecti si chiamano precipuamente, li quali sonno quasi tucti homini ignoranti et inexperti, che per la opera loro facilmente si può comprendere. Et di questo più volte ho visto la experientia di molti architecti nominati, li quali a nome nominaria, se non fusse che io non voglio si creda che per la inimicitia do la patria io mi mova a dire di loro, ma li effecti loro et opere sonno quelle che sempre saranno mia excusatione legittima. Et similmente è più volte advenuto che questi ignari con pichola cosa senza regula et accataia da altri senza ragione, sonno stati più existimati et aprezati che quelli che di simili opere havieno reso la vera ragione: ma de la opinione che hanno li homini di loro invano, per li effecti ne portano la penitentia chome advenne a quelli di Rodi ec.».
  2. Vitruvio lib. X, cap. XXII.