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Dottor Gaye (1), convennero nell’assegnare le opere di Pienza al Rossellino, che di nome chiamavasi Bernardo, di patria era fiorentino, e vivea a que’ tempi. A me però fa ostacolo il vedere come il Vasari, che minutamente parla di ogni più piccola opera del Rossellino, di questa così importante non faccia motto: v’ha di più, che la narrazione degli edifici per esso fatti cessa colla morte di Niccolò V l’accaduta nel 1455, mentre che l’edificazione di Pienza ebbe principio dopo il 1458, ed il soggiorno fattovi da Pio II fu nel 1462.

A togliere la difficoltà occorre l’esistenza di un altro architetto Bernardo fiorentino, impiegato dai Papi e segnatamente da Paolo II nella chiesa di S. Marco in Roma e nel gigantesco palazzo annessovi: è questi certamente persona diversa dal Rossellino, che è figlio di un Matteo di Domenico Gamberelli (2), mentre il Bernardo che lavorò a S. Marco è figlio di un Lorenzo (3). Questa mia opinione è anche avvalorata dal vario stile di questi architetti: l’intelligente troverà identità perfetta tra gli edifici di Pienza e lo sgarbato portico di S. Marco, dal Vasari malamente attribuito a Giuliano da Maiano: ma per certo che tra le opere del Rossellino e quelle di Pienza analogia non corre. Basti delle cose di Pienza, delle quali parlai e per dimostrare che non sono del nostro Francesco, e per rivendicare il nome di un architetto sconosciuto affatto. Alla storia degli artisti italiani di que’ tempi nuoce la stessa loro moltitudine.

La tradizione de’ Sanesi dice opera di Francesco la loggia de’ Piccolomini detta del Papa in quella città presso S. Martino, fatta nel 1460 da Pio II per convegno de’ suoi consanguinei, apponendovi l’iscrizione pivs ii pont. max. gentilibvs svis picolomineis: è un grazioso portico di tre arcuazioni su colonne corintie: era voler del Papa di farlo maggiore, ma o fosse che non potesse vincere la durezza di un privato che

  1. Nota al documento LXXXI.
  2. Manni. Sigilli. Vol. IX pag. 122. Denunzia de’ beni di Bernardo Rossellino presso Gaye, n.° LXXIII.
  3. Marini. Archiatri pontifici. Vol. II, documento LX, pag. 199. Questo autore prova pure con ottime ragioni che quel Francesco dal Borgo S. Sepolcro, al quale Gaspare Veronese (Vita Pauli II. Rer. Ital. Script. vol. III, part. II, col. 1041, 1046) attribuisce quel palazzo, non era altrimenti architetto, ma scrittore apostolico e soprastante.