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tinuamente si lavorava, oltre a quei luoghi sacri ai quali per tutto il distretto suo prestava sussidio. Ultimatamente, tanto era amatore delle virtù, che sentendo in alcuna parte essere alcun uomo eccellente o solerte in qualunque scienza si fusse, non si quietava insino che appresso di sè conducendo quello grandemente premiava. Onde delle predette cose notissime a ciascuno della vita sua informato, si può concludere che nei campi o battaglie fusse un Marte, e nel dominio Minerva, come di virtù e sentenze abbondante, siccome scrive Aristotile ad Alessandro ad un principe convenirsi, dicendo Regalius quidem est animum sententiis habere abundantem, quam habitum corporis videre bene inductum1. Per le quali e infinite altre sue virtù meritamente signore si doveva appellare, perchè parimente gli animi degli uomini come i lochi dominava, essendo da ciascuno temuto e amato; e queste e le altre gloriose parti molto più per se medesime si loderanno, secondo i meriti suoi, per la fama immortale al mondo lasciata, che per quelle che io col mio infimo stilo in lungo tempo potessi mai celebrare: pure, come dalla verità sforzato, sotto brevità giudicai essere conveniente alcuna particella di laude sue esprimere. Fermando adunque quest’ornatissimo duce di abiti intellettuali per lunga e continua esperienza confermati, come ferma guida e polo, non temo ogni stretto e pericoloso passo senza impedimento preterire.


CAPO IV.

La bontà delle fortezze sta nell’artificio della pianta, anzichè nella grossezza de’ muri. Economia generale di esse.

Sono stati alcuni che per resistere alla bombarda e per più offendere gl’inimici, hanno conchiuso questo solo per la grossezza di muri2, e offesa per fianco potersi conseguire. Ma benchè per questo i muri al-

  1. Epistola ad Alexandrum Regem, seu Præfatio in Rhetoricam, II, 1189.
  2. Principal campione di questa erronea opinione fu (benchè posteriore a Francesco di Giorgio) Alberto Durer il quale alle artiglierie quasi altro non seppe opporre che smisurate e quasi chimeriche masse di muraglia, negletta per lui una principalissima condizione della difesa, che è che l’assediato debba difendersi offendendo l’assalitore.