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Oltre a questo, perchè di sole armi e presidii dei militi l’imperio non si può rendere sicuro, sì per gli altri più possenti principi, sì per le variabili volontà degli uomini, sì per la instabilità dei prossimi e benevoli: per sedare ogni contrario e iniquo animo fu necessario escogitare alcune defensioni, per le quali la minore potenza alla maggiore potesse resistere. E questa difesa non è se non fortezza di luoghi naturali ovvero artifiziali con diverse forme di muri. Ma dall’altra parte, come per fare agli uomini resistenza furono trovati varii cinti di mura, così per la cupidità del regnare e immoderato appetito di dominio, più specie di strumenti bellici e macchine furono fabbricate mediante le quali i muri si potessero frangere; infra i quali instrumenti assai potente fu estimato l’ariete, per cui, con la forza di più uomini insieme unita, in breve tempo ogni muro era messo in ruina1. Appresso a questo ne fu escogitato un altro chiamato balista, non di minore efficacia che il primo2. Dopo questo un altro nominato sambuca, per il quale alla sommità delle mura assai sicuramente si potea ascendere3: e molti altri edifizi e castelli portatili per difensione della virtù di questi instrumenti4. Oltre poi alla grossezza delle mura furono immaginate più figure di circuiti, come ne scrive Vegezio in quello De re militari5 doversi fare le mura di figura angolare acuta, acciocchè all’ariete ed all’impeto degli altri instrumenti potessero resistere.

  1. Macchina notissima (Vitruvio, X, 19. Lipsio, Poliorceticon etc.).
  2. Macchina simile al mangano o trabocco, da lanciar grossi sassi, e talvolta solo verrettoni. Descritta da Vitruvio, Ammiano Marcellino, Vegezio, Stewechio ed altri molti.
  3. Sambuca, Exostra, Tolleno erano tavolati caditoi o bilicati su travi, che abbassavansi sulle mura e navi nemiche; furono usatissimi sino a tutto il XV secolo, e ve ne sono molte figure nei MSS. di Paolo Santini e del Taccola.
  4. Cioè torri ambulatorie, ossiano elepoli, mantelletti, gatti e simili cose notissime, figurate e descritte a lungo dall’autore al f.° 60 del codice Saluzziano I.
  5. Lib. IV, cap. II. Non directos sed angulosos muros faciendos.