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238 | trattato |
quattro parti dividere a libito del compositore, e due di queste parti debba esser la lunghezza della colonna: la larghezza della deambulazione debba essere i tre quarti della lunghezza della colonna, li due terzi, ovvero li tre quinti, secondo che le altre parti del tempio comportano; la distanza dall’una colonna all’altra della medesima serie può essere in più varii modi, perocchè se sopra le colonne fusse l’architrave locato, e questo fusse di pietra, acciò non si abbia por il peso a frangere, non debba essere più lungo di sette piedi nè manco di cinque: ma se l’architrave fusse di legno o di bronzo1 potente a resistere, può essere di otto in dieci. Sopra le dette colonne debbono esser fatti archi morti per tôrre il peso all’architrave: ma se sopra alle colonne fossero archi vivi ed espediti, la distanza delle colonne può essere in tre modi, cioè due terzi, o tre quarti, ovvero quattro quinti della lunghezza della colonna secondo l’invenzione dell’artefice: e questi archi vivi devono voltare a semicircolo, cioè che il concavo dell’arco sia un perfetto semicircolo: e similmente gli archi che posano da un canto nella colonna e dall’altro nella cella sopra di un ricinto2. Similmente è da sapere che il diametro dei templi oblunghi, da cui si piglia la proporzione della colonna delle navate sue, come nei templi tondi, s’intende quello minore sotto i muri o archi laterali meno distanti, e le navate, archi e altre simetrie che dei templi tondi è detto, si debba degli oblunghi similmente intendere.
Le volte che nei templi si devono fare, di tante specie possono essere, quante eziandio nelle case si possono usare, cioè a botte, a testudine, a similitudine di piatto, a crociera, a conca, a lunette ed a vela. E queste possono essere ornate di quadri, figure, stucchi e altri orna-
- ↑ Alcuni ornamenti delle travi di bronzo nel pronao del Panteon sono disegnati nel cod. de’ monumenti architettonici al f.° 79 v.°
- ↑ Ricinto ho già notato altrove essere la cornice che ricinge tutto o parte di un edifizio.
interno. Così vuole l’autore perchè i citati esempi di Roma fornivangli celle con una sola zona attorno. Vero è che la chiesa di S. Stefano rotondo aveva, prima de’ ristauri di Niccolò V, tre circoli di colonne, ma dal disegno surriferito vedesi che Francesco riporta siccome murati già intercolunni del circolo centrale, cosicchè una zona sola rimaneva nell’interno, ed un peristilio al di fuori.