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libro iii. 213

e delle simili ho visto in uno edifizio in una selva non molto di lunge da Aquino1, e la simetria di queste è questa. In prima, lo epistilio d’esse in luogo del cimazio ha la tenia, cintura, ovvero benda con le sue gutte: la tenia è la settima parte del fastigio: la larghezza delle gocciole sotto la tenia all’incontro de’ tigrafi (sic) pende la settima parte dell’epistilio: la larghezza di sotto dell’epistilio risponde al diametro da capo della colonna, ovvero strettezza dell’ipotrachelio, cioè il diametro più arcto della colonna: sopra all’architrave si trovavano i tigrafi nella larghezza dello zoforo con le sue metope, cioè spazio fra l’uno e l’altro tigrafo, alti essi tigrafi quanto lo zoforo e larghi in subduplo: e questi tigrafi nelle colonne angolari e mezzo colonne son posti all’incontro de’ mezzi, tre tanti gli spazi. Gli spazi fra l’uno e l’altro tigrafo sono quadrati e hanno i lati eguali. I cimasii dei tigrafi sono alti il sesto di tutto il tigrafo; sopra il cimasio del tigrafo è locata la corona con tanto di sporto quanto è i due terzi del zoforo, e la sua altezza è il mezzo della sua proiettura. Sopra alla corona dipoi si pone le gole, timpani e cimasii, come meglio appare per il disegno2. Ma perchè alle dette simetrie sono state per gli esperti aggiunte molte parti per le quali più e più varie forme di cornici si può componere, quelle insieme con molte altre di mia invenzione porrò nel disegno, senza spiegare con parole le forme loro (Tav. II, 7, 8).

Alcuna volta imaginando e investigando se la proporzione della cornice si potesse ridurre a quella della testa dell’uomo, e commensurando più varie specie di cornici, ho visto di molte essere impossibile, benchè grande similitudine si trovi: manifestamente però molte altre, le quali non solo sono simili, ma della medesima proporzione come appare

    del nostro autore a f.° 79 r.° senza alcuno scritto, ed il cornicione è qui disegnato in calce al cod. Magliabechiano f.° 36 v.°: io lo ometto potendosi vedere, ed anche più esatto, nella Tav. XVIII del Labacco.

  1. Dalla descrizione unita, risulta che dorico era quest’edifizio d’Aquino. Due bellissimi cornicioni corintii, che erano in alcuni ruderi presso questa città, vedonsi disegnati dal Ligorio al vol. III A. delle antichità sue (MS. de’ RR. Archivi di Torino).
  2. Manca il disegno del cornicione d’Aquino: gli altri due sonsi tralasciati perchè meno esatti.