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libro ii. 189

e incurabili egritudini, perchè molte volte escono delle cave fumi o vapore perniciosi e pestiferi, benchè molti ignari cavatori non si accorgano. Ciascuna volta adunque che essi non possano tenere acceso il lume, ovvero in loro sentano debilità non consueta, allora lascino la fossa esalare per alquanti giorni: o veramente dentro facciano fuoco, per il quale detto vapore si consumi, e l’aere grosso, frigido e infetto venga a mancare. Questa norma da nessuno debba esser vilipesa, perocchè io nella città mia1 ho visto questo esempio, che cavando una certa scala di cantina nel duro tufo, essendo alquanto sotto, trovò certa miniera o specie di pietra porosa e forata, per la quale parea già per antico tempo che l’acqua fusse trascorsa: niente di meno era asciutta e senza alcuna umidità: la quale rompendo il cavatore immediate si ammorbò e incorso in gravissimo pericolo di morte per i vapori fetidi che della pietra uscirono, ed esso sentì per lo anelito attrarsi; e certo fu cosa mirabile che in istante febbricitasse. E per queste determinazioni e conclusioni sia posto fine al secondo libro.

  1. Cioè nella città di Siena. Questo esempio manca nel cod. sanese.