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188 | trattato |
lucerna piena d’olio accesa e un vello di lana: e la sera si copra la fossa di tavole, frasche, paglia e terra lasciando un piccolo pertugio per il quale possa il fumo e vapore del lume esalare: e se la mattina si trova il vaso crudo umido fuori, e il caldaro con gocciole d’acqua come sudore, e la lucerna con l’olio spenta; e il vello di lana pieno d’umidità, senz’alcun dubbio l’acqua si troverà, e abbondante; e ciascuno dei detti segni per se è sufficiente, ma tutti insieme gran copia d’acqua significano1. Ma per avere di tutto più certo indizio facciasi in detta fossa gran fuoco il dì, per diseccare ogni umidità che nella terra intorno fusse, e lasciandola freddare dipoi si mettano in essa le predette cose.
Dopo questo è da sapere che generalmente le altre cagioni essendo pari, più si trova le acque verso settentrione e ponente e in luoghi sassosi, e alle radici dei monti.
Dopo questo è da narrare una esperienza con ragione, la quale è che in un castello detto l’Isola un villano fece cavare un profondo pozzo, ed essendo di trovar l’acque disperato, abbandonò l’opera desistendo dall’impresa sua: gli fu insegnato di gettare dentro una grande e ponderosa pietra, e così facendo per la facilità della medela (sic) e tonitro della terra, senza interposizione di tempo gran copia d’acqua rinvenne, perchè per quel moto la terra alquanto aprendosi e facendo più rime, per quelle l’acqua era trascorsa2.
Una regola non è da pretermettere a questa materia pertinente: quando che l’acque la vernata non fossero tepide e l’estate fredde, non è da sperare che lungo tempo abbiano a durare, quando però l’acqua non fusse in grande quantità, ovvero appresso alla superficie della terra nascesse: però che in questo caso per esperienza e ragione si vede l’opposito.
Nell’ultima particula di questo libro è da sapere quale avvertenza bisogna avere a quelli che cavano l’acqua, acciò non incorrano in istrane