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libro i. | 139 |
nell’aere sottile molte pleuresi e catarri descendenti produce. E universalmente sempre a quei venti ostar si debba, che più possono la terra offendere.
Ed è da sapere che se presso alla città fosse alcuno stagno o palude di notabile quantità, quel vento che per quella linea venisse sempre esser maligno, dal quale è da guardarsi. Non voglio due esempi passare a confermazione di questo. Il primo, descrive Vitruvio1 che nell’isola di Lesbo un castello fu edificato chiamato Mittilene, magnifico ed elegante, ma non prudentemente posto, perchè benchè in se proporzionato fosse, era niente di meno dai venti australi offeso, quali degli abitanti di molte infermità erano cagione; similmente dal vento maestrale pativano gli uomini tosse, avvegnachè da tramontana o borea spesse volte fossero redutti alla pristina sanità, per le quali infermità molto incomoda era l’abitazione loro. E il secondo testifico io aver visto nella marittima della città di Siena2, perocchè in un medesimo giorno e ora più che tre mila corpi ammorbarono agitati da venti meridionali e convicini a quelli. A queste e simili condizioni debba l’architettore avere avvertenza quanto il tempo e luogo alla possibilità comportano. Perocchè quello disprezzate seguono le male disposizioni dei corpi umani, moltiplicano le egritudini, delle quali cose la desolazione delle città ne risulta, come a Marco Hostilio in Puglia avvenne, che avendo una grandissima città con sommo ordine e grandissimo dispendio edificata, per la mala complessione dei venti che la città offendevano, in breve spazio di tempo furono costretti gli abitanti quella abbandonare e in altri paesi trasmigrare3. E queste cinque parti generali debbono essere estrinseche agli edifici chiamate.