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di fr. di g. martini. | 115 |
(B, C) Primi di tutti sono i due codici (antichi a quanto pare) dei quali scrive il P. Trombelli in lettera del 17 aprile 1764 al P. Nini suo correligioso in Siena, ed esistente inedita in quella biblioteca pubblica. «Mi dicono che ve ne sia due simili, uno nella libreria del fu doge Foscarini, l’altro in Firenze; ma se non ho inteso male, tutti e due sono mancanti, e credo anche di molto. Tale notizia l’ebbi da un tal signor Vincenzo Corazza intendentissimo di architettura». E questi due codici io qui li registro sulla fede del Corazza, quantunque non sia abbastanza chiara la provenienza loro, cioè se dal codice sanese o dal Magliabechiano, perchè quello che appartenne al Foscarini è probabile che già fosse dello Scamozzi, come di colui che viveva in Venezia, e quello di Firenze è forse il Magliabechiano del quale si parlerà dopo.
(D) Pietro Antonio Micheli, botanico e geologo rinomatissimo, avendo avuto l’autografo da Siena, ne fece copiare la prima parte (non la sesta, come per equivoco scrisse il Targioni1), quella cioè che tratta dei materiali delle fabbriche.
(E) Una copia ne fu estratta dal codice trombelliano, ora sanese, dall’abate Giuseppe Ciaccheri, e collazionata col manoscritto dallo stesso Corazza e dal dottore Leonardo De Vegni2.
(F) Un’altra copia doveva pure trovarsi in Lesina di Dalmazia presso quel vescovo monsignor Stratico, risultando da lettera (edita dal professore Del Rosso) ch’ei scrisse agli amici di Toscana, come avesse in animo di fare questo trattato di pubblica ragione; e ciò verso la metà del secolo scorso.
(G) Nel 1798 il fiorentino prof. di architettura Giuseppe Del Rosso avendo avuto facilità del codice di Siena in casa propria, ne trasse copia giusta l’originale ortografia per mezzo d’un amico suo, e poi lo trascrisse nella ortografia moderna3.
(H) L’ultima copia ch’io conosca è quella della biblioteca Saluzziana, scritta in Siena nel 1838.