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114 catalogo de’ codici

qualora mancassero i validissimi argomenti che pur vi sono), la quale ne fa vedere essere questo lavoro di un uomo che meglio pensa e meglio scrive, perchè più cose ha vedute e fatte: ma v’è di più, che in questo è frequente la menzione del suo patrono Federigo di Montefeltro e di tanti luoghi dello stato d’Urbino nel trattato I non mentovati, perchè egli allora poco o nulla ancor li conosceva; bensì vi sono le stesse indicazioni circa le antichità di Roma, di Tivoli, di Ferento, di Gubbio, poichè tali materiali da lui già erano stati riuniti da lunghi anni e consegnati nel codice architettonico de’ monumenti, e già sen’era valso nello scrivere il trattato I. Vi fu questione, se questi libri egli li scrivesse quando era al soldo di Federigo (intendo di questi che qui esaminansi, poichè la tela e la partizione dell’opera già disposte le aveva in gioventù), o dopo la morte sua, ma è chiaro che fu dopo, poichè egli in molti luoghi dice che Federigo fu eccellente sopra tutti li altri capitani dal tempo de’ Romani in qua, ed altrove che veramente signore si poteva appellare perocchè parimenti li animi come li loci dominava, insomma di lui sempre parlando come di persona che fu, non come di vivente, anzi codesto suo trattato ei lo scrisse, o a dir meglio il rifece, sicuramente dopo il 1491 che è l’anno della sua gita a Napoli, poichè vi fa menzione de’ ruderi di Baia e circa il lago d’Averno, e di avanzi veduti in una selva presso Aquino, mentre di tutte queste cose (siccome da lui non conosciute allora) non aveva parlato nel trattato I: e possiamo aggiungere che lo scrisse in patria, poichè dopo ritrattosi dagli stipendi d’Urbino, brevi furono le sue escursioni da Siena. Che poi questo sia l’autografo, lo manifesta il carattere che è il suo, e le frequenti cassature e correzioni, che d’altri non possono essere che dell’autore.

Poichè questo trattato fu dal nostro Cecco scritto quando era già salito in grande e bella fama, così ebbe maggior rinomo, e le copie trattene io le credo assai più numerose che non quelle del trattato I. Pure, molto discernimento ed acume ci vuole a distinguerle, non avendole io sott’occhio, da quelle ricavate dal codice Magliabechiano che è il trattato III, correndo tra questi due non grandi differenze, per tal modo che per una semplice indicazione od un appunto incerto, non si può chiarire di quale dei due trattati sia questione.