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di fr. di g. martini. 111

ha tenuto dubio et pendulo: maxime cognoscendo essere conforme a la prima de li influxi celesti cioè particolarmente a le influentie di Mercurio signore di quelli che ne le arti prenominate sonno acti ad venire excellenti; perochè essendo chosì non mi determinavo a quello che la natura me inclinava: ma più volte mosso da la ragione fui per exercitarmi in qualche più vile et mechanica arte sperando per quella con minore peso di animo se non di corpo potere supplire alle necessità del victo mio: nè etiamdio sapevo detestare questi regenti perchè forse di questa exigua rectributione loro non ne era causa tanto la cupidità quanto la predicta influentia, bene certamente li haria laudato assai quando contro questa influentia per la debita ragione avesse facto resistentia. Così stando in questa ambiguità perchè è cosa difficillima resistare a le inclinactioni naturali, quelle deliberai seguire. Et desiderando in l’arte del disegnio et dell’architectura venire a qualche vera et fondata cognictione: feci fermo proposito di non perdonare a fatigha alcuna la quale io vedevo necessaria per pervenire a questo fine. Perocchè li auctori che in questa arte maxime de architectura hanno scritto da una parte hanno lassato le opere incomplete: overo solo hanno tractato d’una parte dell’arte non facendo mentione del residuo, dall’altra hanno usato vocabuli che per le ragioni antedicte sono totalmente ignoti: et apresso questo hanno dati exempii di molti edifizii li quali già molti anni sonno stati in ruina. Unde me è stato necessario per molte circumstantie et per considerare le opere de li antichi romani et greci scrittori: concordando el significato col segno retrovare quasi chome de novo la forza del parlare di più antichi auctori, maximamente di Vetruvio: la qual chosa per forza di gramaticha greca et latina non è stato mai possibile venir ad fine: benchè più peritissimi ingegni nell’una et nell’altra lingua in questo se sieno affatigati da me et dal Signore mio inducti (1). Et certamente a me pareva chosa imperfecta et inepta ad quietare le menti de li intelligenti seguire le opere senza ragione regulata et

  1. Queste parole non le conobbe il Poleni. Si paragoni questo prologo con quello stampato a capo al Trattato.

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