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impresa volle egli pure accingersi il conte Algarotti, e, come dice di un esemplare del codice Sanese l’abate Trombelli in una inedita lettera, se non era di ortografia pessima, probabilmente il Conte, al quale lo lasciai in mano per alcun tempo, l’avrebbe fatto stampare per le notizie recondite che vi sono. Mirabil ragione! che se così avessero pensato i dotti degli scorsi secoli, rimarrebbero ancora nella polvere delle biblioteche i classici stessi dell’antichità. Ma l’Algarotti, bel parlatore ed uomo di facile e leggera erudizione, era più atto a trattenere i dilettanti, che a soddisfare gli uomini dell’arte, e forse al tentativo suo allude il Della-Valle scrivendo che più d’uno temerariamente pretese correggere questo prezioso manoscritto riducendolo alla frase e lezione moderna, ma non fece che corromperne il senso e alterarne lo stile del secolo. Circa gli anni stessi la medesima cosa erasi proposto monsignor Stratico vescovo di Lesina in Dalmazia, e ne abbiamo notizia per una sua lettera stampata dal professor Del-Rosso1, nella quale dice, parlando del Martini, spero che il suo trattato, che io pubblicherò con l’aiuto e con i lumi degli amici, e soprattutto del mio Cocchi, farà onore a Siena e a Urbino: e certo, a lui non sarebbero mancati i consigli e l’assistenza del comentatore di Vitruvio Simone Stratico che gli era fratello. Finalmente, il fiorentino professor Del-Rosso volle stamparlo egli pure, seguendo l’idea già esposta dal De-Vegni, ma ne fu disanimato

  1. Lettera Antellana IV.