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92 | catalogo de’ codici |
gomento dei geometri, pel quale due cose che siano eguali ciascuna ad una terza, sono necessariamente eguali tra sè. Sanese è la lingua costantemente adoprata, e sanese per conseguenza l’autor del codice: inconcussa ragione se si riguardi a que’ tempi nei quali ogni uomo d’Italia, che gran letterato non fosse, adoperava scrivendo il dialetto suo municipale. Nei codici II e III ei cita le antichità di Roma e di Tivoli, coi teatri pure antichi di Gubbio e di Ferento, e tanto trovasi nel codice I, nel quale però tace dei monumenti in regno di Napoli perchè ancora non li aveva veduti: egli cita quivi Plinio, Vitruvio, Vegezio, Aristotile e Marco Greco, e questi autori (accresciuti di numero, ma nessuno di questi omesso) rinvengonsi negli altri codici. Finalmente la miglior ragione e la finale si è, che le tante correzioni sparse sono di sua mano, e che nella iniziale P a capo il trattato, è nel vano miniato il ritratto di Francesco come alla vita sua lo premise il Vasari: ha il capo scoperto con zazzera increspata di capel fulvo, ed è in abito civile, cioè col lucco alla fiorentina turchino, e sopravi indossato un mantello paonazzo: vestito in somma come anni dopo scriveva il Varchi1.
Dispose egli però in questo codice la materia in altr’ordine che non sia nel codice sanese, come invertillo poi di nuovo nel Magliabechiano; v’inserì un trattato di geometria e prospettiva con un sunto dell’operetta di Marco Greco, cose tutte che furono da lui posteriormente omesse. La pulitezza del carattere cancelleresco, l’eleganza delle iniziali, la cura colla quale sono condotti i disegni, tutto prova che questo codice doveva essere presentato ad un qualche principe, e questi, s’io non erro, doveva essere Federigo d’Urbino di cui nel codice, che è unito di monumenti antichi, trovasi a f.° 92 verso la statua loricata ed imitata dall’antico: la calva testa del Duca è quale vedesi nel medaglione edito dal Reposati2, il quale è forse anch’esso opera di Francesco, siccome accennai nella vita. Mancano al codice prefazione e dedica, per le quali sono riserbati i due primi fogli, onde è probabile che l’autore ne volesse già far dono, ma che poscia per motivo a noi ignoto non