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incisa in maggior grandezza sta in fronte a questa edizione) è effigiato con barba rasa e zazzera anzi fulva che castagna: la quale imagine merita più fede che non quella data dal Vasari, ed a questi comunicata dagli eredi di Jacopo Cozzerelli, non già da Jacopo stesso, com’egli scrisse sbadatamente.

D’indole quieta, amò la vita casalinga: ebbe due donne, cioè nel 1467 la Cristofana Taddei, e due anni dopo l’Agnesina Nerocci, che fecelo padre di due figli Federico e Guido, il primo morto infante, l’altro giovinetto, come pure tre delle femmine, cosicchè nell’anno 1513 sole erano rimaste della sua progenie la Polissena e la Lucrezia, sposata questa in un Balloncini d’Urbino, e rimaste legittime eredi d’ogni avere del padre e del fratello (1). Era egli di nascita oscura per modo, che fatto magistrato nel 1493, non segnossi di alcun monte, rappresentando peraltro quello de’ riformatori: non so se venisse poscia ascritto a quest’ordine stesso o ad altro di Siena, oppure se dai principi cui servì tante volte, ricevesse uno di que’ segni di accetti servigi e di grato animo, allora meno frequenti e più pregiati; fatto è che le due anzidette figliuole son chiamate nobili donne nel citato stromento.

Amò la patria sua di amor vero, nè trovasi che mai abbia preso parte in quelle fazioni che alla città di Siena diedero molti capi di storia, ma tolsero la quiete, e furono cagione d’infinite morti e della perdita della cara indipendenza; architetto la abbellì, idraulico procacciolle i comodi di molt’acqua purissima, cittadino la tenne avvisata di trame tessute a suo danno: del buon animo ricompensollo la fama pubblica, l’amore di tutte le sette, poichè fu da tutte onorato, e finalmente l’essere stato innalzato, lui uomo di piccola importanza pubblica, a sedere tra gli eccelsi che la patria governavano.

Con Federico II Feltrio, uno fra i migliori generali del tempo ed intendentissimo di architettura militare, ebbe servitù grande, anzi da lui riconosceva quanto avesse avuto poscia di onori e di lucro: fu

  1. Stromento del notaio Cerioni d’Urbino, a pag. 79 dell’Elogio di Giovanni Santi. Un Girolamo di Francesco da Siena era nel 1506 computista di Michelangelo in Roma, ma nulla ha che fare col Martini.