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che le azioni valgono secondo la volontà, non secondo il risultato. Nessuna società, nessuna civiltà costituisce un valore assoluto: anche la vita d’un popolo non vale se non per la volontà superiore di cui esso si rende per una certa età lo strumento: essa appare all’individuo come qualche cosa di alto e di venerabile solo perchè è la condizione di un’altra vita più pura e più vasta, la cui continuità ci sfugge. Ora all’individuo non può mai essere tolto, qualunque sieno le condizioni esteriori in cui è chiamato ad agire ed a vivere, il contatto con questa realtà migliore: egli la realizza in sè quando segue la voce del dovere e tutto ciò che per questa via si realizza non è in fondo che strumento e materia del dovere. L’indifferenza ai risultati non infirma per ciò affatto l’obbligo che noi abbiamo di cooperare con quella volontà, di cui la stessa unità morale dello Stato è un grado ed uno strumento e che ha nella voce della coscienza la sua rivelazione individuale immediata: bisogna compiere anche in questa parte senza illusioni, ma con fede sicura, il proprio dovere: la sconfitta o il successo possono essere indifferenti a chi non vede nell’ordine sensibile altro che un simbolo ed inserisce in esso la propria azione senza timori nè speranze, solo per ubbidire ad una legge interiore inflessibile.