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campo è il trionfo dell’uomo medio, è l’espressione sincera della natura della moltitudine. In queste condizioni trionfa chi sa approfittare delle debolezze e delle miserie della moltitudine: l’industrialismo e il curialismo che sono il portato naturale dei principii del liberalismo sono forse più sopportabili che l’oppressione feudale, ma non valgono moralmente molto di più. Nessuna meraviglia quindi che per un processo di dissoluzione interna, al quale assistiamo, essi riconducano rapidamente la società al regno della forza e preparino un nuovo avvento dell’antica barbarie.
Non è difficile certamente completare, in astratto, questa analisi delle nostre condizioni presenti con una indicazione del rimedio. Se le condizioni presenti sono dolorose, queste non lo sono, almeno immediatamente, per la moltitudine che si sprofonda, beata, nel fango dei suoi istinti animali, nè per la plebe profumata e ingemmata che sfrutta questi istinti. Chi ne soffre è la minoranza degli spiriti migliori che vede le cause profonde delle cose e sente le esigenze più pure dello spirito. E da questa minoranza soltanto può partire, se pure è possibile, il principio della rigenerazione. La quale non può consistere in altro che nel riprendere una chiara ed energica coscienza dei propri compiti e nel dedicare più intensamente e disinteressatamente ad essi la propria vita. Non è naturalmente nell’intento mio il delineare qui un programma di rigenerazione morale e religiosa. Questo esigerebbe ben altro tempo ed altre forze. Io mi limiterò ad insistere su due punti cardinali che ne costituiscono come i criteri fondamentali. Il primo è la rinuncia esplicita e completa alle fermole dello stato liberale e l’adozione del concetto dello stato morale, dello stato riformatore che ha la missione di regolare tutte le attività sociali e di promuovere, entro certi limiti, le stesse funzioni spirituali più alte. Le obbiezioni che vengono poste dal punto di vista economico non mi commuovono: per quanto noi dobbiamo mantenerci nelle condizioni reali delle cose e non pascerci di utopie, il partire dalla considerazione delle condizioni presenti degli organi dello stato per concludere che esso è inetto a compiere certe funzioni è un puro sofisma. Lo stato dovrebbe mettersi risolutamente sulla via non soltanto di una riforma economica radicale, ma di riforme altrettanto radicali nella sfera morale e sociale: vi sono