a considerare la totalità dello spirito con un senso che si avvicina molto alla venerazione religiosa, e così si attiri qualche volta l’accusa — che naturalmente è un’onorevole accusa — di misticismo, in teoria questa differenza è fondamentale. Le teorie naturalistiche tendevano in generale alla glorificazione dell’individuo: anche oggi coloro che pongono come valori supremi i valori biologici debbono logicamente porre come centro e fondamento della vita l’individuo: perchè biologicamente parlando, la vita non si realizza in concreto che nell’individuo e lo stesso sacrificio dell’individuo alla razza od alla specie, non è che il sacrificio dell’individuo presente ai futuri, o di un’individuo ad un maggior numero di individui. La sola dottrina morale coerente rispondente a questa concezione è l’utilitarismo: che in fondo dissolve la vita morale riducendola ad uno strumento della vita e della conservazione individuale; la sola vera unità che abbia consistenza e valore. L’idealismo immanente pone invece in generale come centro e cardine della vita l’unità morale collettiva. Ciò che è metafisicamente reale ed ha valore non è più l’unità biologica dell’individuo, ma quella corrente spirituale che si svolge nella storia ed a cui l’individuo deve servire. Ora questa corrente spirituale è lo stesso spirito umano nella sua unità e totalità: le attività sue esauriscono in ogni momento la realtà. Noi non siamo qui lontani dalla divinizzazione della umanità che ha luogo nel positivismo di A. Comte e che è anche una conseguenza del così detto idealismo hegeliano. L’idealismo trascendente invece considera questa manifestazione dello spirito che raggiunge il suo più alto grado nella unità della vita morale, come qualche cosa che non è fine a sè stessa, e che non potrà mai, per quanto alto sia il grado di perfezione in cui la pensiamo, costituire qualche cosa di avente in sè la propria ragione di essere: anche la morale, anche la scienza sono unità per loro essenziale natura destinate a rimanere allo stato di sforzi imperfetti e logicamente inconcepibili solo se si pensano come approssimazioni e preparazioni a qualche cosa di più alto che le trascende. È naturale perciò che esso non consideri lo spirito umano come l’ultima ed essenziale realtà: ma veda nello spirito concreto e nelle sue manifestazioni altrettante rivelazioni imperfette dell’essere vero, altrettante forme fenomeniche di un essere assoluto. Ed è del pari naturale che