Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 75 — |
sti ultimi sono le così dette forme a priori della conoscenza. Ciò che ci interessa in questo progressivo approfondimento dell’analisi gnoseologica della realtà è tuttavia solo questo: che anche il mondo esteriore, così detto materiale, è di natura psichica, è un tessuto di sensazioni e di rappresentazioni, «è fatto della natura di cui sono intessuti i sogni». È dunque solo un sogno? No, certamente. Vi è una ragione dell’ordine obbiettivo delle cose: anzi ogni cosa è in sè qualche cosa indipendentemente dall’aspetto che assume come rappresentazione. Ma che cosa è questo in sé? L’in sè dei colori non è un colore: un colore è impensabile fuori della rappresentazione di un essere senziente. La concezione cui ho accennato considerava come l’in sè delle qualità sensibili i movimenti: ma anche i movimenti sono fenomeni. L’in sè dei colori, dei movimenti, delle estensioni, ecc., non è nè un colore, nè un movimento, nè altro di ciò che è dato a noi nell’esperienza. — È dunque un inconoscibile? Diremo che il mondo esterno è la manifestazione in noi di una realtà assolutamente ignota? Io non credo sia necessario giungere a questa conclusione. La realtà fenomenica è una traduzione, è vero: essa ci dà però se non la lingua, il senso del testo: e cioè un ordine che deve avere una qualche rispondenza nelle cose in sè. Inoltre non è vero che la realtà ci sia data dappertutto sotto la forma di un’apparenza che nulla rivela del suo essere vero: vi è un punto almeno in cui essa ci si dà se non per quello che è, almeno sotto un velo assai trasparente. Questo è il nostro essere interiore, l’io: che non ci è dato attraverso i sensi, per via di processi che ne travestono la natura: esso ci è dato immediatamente, esso è dato e vissuto nel tempo stesso. Non apparirà strana pertanto l’asserzione della filosofia idealistica in genere: che il mondo nella sua totalità, anche quello che ci appare nella sua veste fenomenica, nel suo travestimento sensibile come durezza, movimento, ecc., come qualche cosa di morto e di cieco, è invece, nel suo intimo, un sistema di forze analogo a quelle che ciascuno apprende in sè stesso come «io»: e cioè o una grande coscienza, od un sistema di coscienze di vario grado, ma in fondo analoghe a quella che in me conosco come «mia» coscienza.
Questa è, sommariamente, la tesi fondamentale della filosofia idealistica, anzi, potremmo dire, dopo Kant, di ogni filosofia.