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II.
Dopo le considerazioni e giustificazioni precedenti non apparirà strano se io mi pongo senz’altro al centro della concezione filosofica alla cui luce vogliamo considerare i compiti sociali della età presente, senza preoccuparmi se i principi posti a fondamento possono apparire posizioni dogmatiche non giustificate, e senza temere di urtare in prevenzioni ostili alla filosofia.
Se noi ci poniamo la domanda che dovettero porsi fin dai primordi della civiltà umana i primi veggenti che levarono lo sguardo dalle umili preoccupazioni della vita animale e che oggi ancora non può non levarsi in ogni spirito che abbia anche per poco meditato sulla realtà, e ci chiediamo che cosa sia questo universo in cui veniamo un momento per godere, soffrire, pensare e morire, la risposta quasi unanime che ci danno i filosofi è questa: la realtà in cui viviamo è una grande coscienza, è la manifestazione di una vita spirituale infinita, della quale ciascuno di noi è un momento. — Questa dottrina sembra essere in contraddizione con le apparenze immediate: certo essa appare a primo aspetto come un paradosso. Tuttavia conviene ricordare che, tolto l’involucro mitologico, essa è il fondamento della concezione religiosa diffusa intorno a noi anche tra il popolo: che altro significa infatti il dire che il mondo è la creazione della volontà di uno spirito perfettissimo, il quale lo sostiene continuamente e senza la cui volontà esso cadrebbe nel nulla? Ciò che rende più difficile l’adesione esplicita a questa dottrina è il fatto che in ogni momento i sensi ci mettono a contatto con una realtà che sembra avere tutt’altri caratteri da quelli che siamo soliti a riferire alla coscienza quale la troviamo in noi: la realtà che diciamo realtà materiale e che nel suo complesso costituisce ciò che diciamo natura. Questa è anzi la realtà che prima si impone allo spirito conoscente, che si offre ad esso come il tipo di ogni realtà e che, data la incapacità in cui lo spiritò inizialmente si trova di afferrare nei suoi caratteri e nel suo valore la realtà di se stesso, cioè della coscienza, gli appare come il principio e la essenza di tutta la realtà. Onde