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conservatrici e le innovatrici, che in ogni campo della vita prepara il progresso verso le forme superiori. Ciò che da un punto di vista provvisorio abbiamo chiamato degradamento della vita religiosa, è, sotto un aspetto più universale, estensione e consolidamento, conversione di forze brute ed ostili; e ciò che nella filosofia può giustamente apparire alla religione come negazione irreligiosa, è sempre, da un punto di vista più comprensivo, preparazione interiore d’una religiosità più intensa e profonda. Di qui appare ancora per ultimo quanto sia superficiale e vana la speranza d’un accordo, d’una conciliazione qualsiasi tra la religione e la filosofia, per mezzo d’una subordinazione o d’una delimitazione reciproca. Come in ogni altro campo, anche qui la vita non è possibile se non alla condizione di essere divenire, progresso, conquista dolorosa; e, l’utopia d’una pace idilliaca, che il pensiero qualche volta si finge come termine avvenire del processo, non ha altro senso che di essere la rappresentazione figurata d’una norma ideale relativa al presente.