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non è sorta solo per abbellire la vita o per promuovere il perfezionamento della vita materiale, ma ha compiti autonomi connessi con le più alte finalità della vita umana, bisogna che prima questa coscienza si affermi chiaramente e vigorosamente in noi stessi; bisogna sopratutto che anche per noi l’attività intellettuale non sia soltanto una contemplazione inerte, una pausa nell’attività universale, ma sia e sappia di essere movimento attivissimo e vitale, sappia che essa continua in una sfera più alta e più serena quella vita medesima che vediamo fervere intorno a noi in attività più tumultuose e forse più vane. Bisogna che si imprima e si diffonda da noi la convinzione che la civiltà vera non risiede soltanto nelle macchine, nei congegni e nei raffinamenti esteriori, ma sì nella profondità e nella delicatezza della vita interiore, nella forma dello spirito: e che senza di questa ogni civiltà più vantata non è che splendida barbarie. E bisogna che ciascuno di noi sia e sappia di essere in sè medesimo un momento ed uno strumento di questa vita superiore che lo spirito umano crea a sè stesso nelle opere silenziose della mente; che nell’amore che ciascuno di noi porta ai suoi prediletti studi già viva e si affermi chiaramente l’amore e la potenza di quella vita che non è ancella, ma regina.

Sia quindi sempre presente alla coscienza vostra, o giovani egregi, l’unità di questa vita: non perdete nelle ricerche particolari la visione del loro fine complessivo e della loro ragione suprema: considerate con l’occhio del micrologo i problemi singoli della vostra scienza, ma sappiate considerare questa scienza nel suo insieme con l’occhio del filosofo. Reagite sopratutto contro quell’indirizzo che vorrebbe restringere alla vostra mente il vasto orizzonte dello spirito e confinarla nelle piccole miserie di una specialità miope ed angusta. Riflettete che la pretesa obbiettività di cui esso si vanta, non è che inconsapevolezza dei presupposti sui quali quest’obiettività si fonda; e che ogni pretesa descrizione obbiettiva è in realtà l’estensione nei particolari d’un punto di vista generale, il quale ignora ancora sè stesso. Riflettete ancora che la stessa gioia, che all’erudito viene dalla visione viva e limpida d’un complesso di fatti, ha la sua sorgente nell’intuizione geniale d’un momento della vita universale trasfuso e confuso nel particolare: e che quindi lo stesso odio delle generalità non è veramente se non una for-