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A queste conseguenze sfuggono alcuni autorevoli studiosi di psicologia, il Claparède e il Forel per esempio, ma, a mio avviso, a prezzo d’un’inconseguenza. Il Forel parte da una specie di monismo psicofisico, secondo il quale anima e corpo sono i due aspetti d’un’unica cosa in sè inconoscibile. La coscienza non si accompagna in noi che ad una parte molto limitata dell’essere nostro: ma noi dobbiamo estenderla analogicamente a tutto l’essere. Quindi non soltanto sono coscienti i fenomeni cerebrali superiori, ma anche quelli degli altri centri nervosi, anzi quelli di tutto l’organismo: soltanto sono fenomeni coscienti inferiori che non si rivelano al nostro io superiore. Il subcosciente è costituito appunto da queste coscienze inferiori, che sono le sottostrutture della nostra coscienza d’ogni istante e che non vediamo per la stessa ragione che di giorno non vediamo le stelle. E così dobbiamo estendere analogicamente la coscienza a tutti gli esseri viventi. Se la concediamo ai nostri simili, dobbiamo concederla anche ai mammiferi superiori, ai pesci, agli insetti, agli inferiori: non c’è un punto nel quale possiamo logicamente arrestarci. Il Claparède invece ricusa questo fondamento filosofico e si tien pago al principio del parallelismo. Ma entrambi negano che si possa e si debba studiare scientificamente solo l’aspetto fisico. Essi dicono: bisogna studiare separatamente il meccanismo fisiologico e lo svolgimento psichico: poi chiarire l’uno con l’altro. E questo vale tanto per la psicologia umana quanto per la psicologia animale.
Ma noi possiamo lasciar da parte questa controversia metodica subordinata e portare il nostro esame sulla stessa ipotesi fondamentale del parallelismo. Questa è un’ipotesi di lavoro che si è adottata senza dimostrare nè verificare, giustificandola coi risultati: e fino ad un certo punto è stata un’ipotesi utile. Ma filosoficamente non è affatto un punto di vista accettabile. Essa contraddice all’esigenza dell’unità: come e perchè questi due mondi paralleli equivalenti? Di più questo parallelismo è del tutto fittizio. Nella coscienza vi è un elemento che la serie fisica non presenta e non può presentare: l’attività unificatrice. Il cervello, come ogni organo, può sommare le impressioni, modificare, adattare, potenziare: ma soltanto lo spirito può essere «l’unità vivente del molteplice». E ciò in fondo hanno riconosciuto i grandi metafisici del parallelismo: Spinoza e Fechner.