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cosa vieta di credere che tale debba essere anche l’anima umana? E se la si pensa come immortale, si eguaglia l’animale all’uomo. Inoltre come si spiegherebbe il soffrire delle bestie? Lo stesso Malebranche riconosce che se le bestie soffrissero, Dio sarebbe ingiusto. «Essendo gli animali innocenti, come tutto il mondo riconosce, se fossero capaci di sentire, si avrebbe che sotto un Dio infinitamente potente e giusto, una creatura innocente soffrirebbe il dolore, che è sempre la pena di qualche peccato. Gli uomini non vedono abbastanza l’evidenza di questo assioma «sub justo Deo quisquis nisi mereatur, miser esse non potest» di cui si serve S. Agostino per provare il peccato originale»1. Nella scuola cartesiana l’automatismo degli animali diventò come un dogma che condusse anche praticamente all’indifferenza verso i maltrattamenti: che cosa sono i gridi e le convulsioni se non un rumore di ruote e di congegni che si spezzano? Essa però suscitò anche nel seno stesso della scuola vive dispute e contraddizioni: vi è ancora nel secolo XVIII tutta una letteratura pro e contro la coscienza degli animali: le Istituzioni filosofiche del Purchot nel 1785 difendono ancora l’automatismo.

Questa teoria ha trovato dei difensori ancora nel XIX secolo: la difende il Netter nel suo libro «L’uomo e l’animale dinanzi al metodo sperimentale» (1883). Però, come dal titolo stesso appare, essa non è più una teoria metafisica: è una teoria sperimentale e, come tale, ha avuto una larga fortuna verso il principio del nostro secolo con la ben nota teoria dei tropismi. La teoria dei tropismi è una teoria scientifica, non metafisica: essa riposa essenzialmente sopra ragioni di metodo ed è da considerarsi come una reazione contro la tendenza del pensiero comune ed anche della psicologia popolare ad interpretare troppo facilmente secondo il tipo umano la vita interiore degli animali. Le ragioni di metodo sono ben note. Nella stessa psicologia umana ha dominato un tempo la tendenza a considerare di preferenza i concomitanti fisiologici, a credere che si potesse descrivere scientificamente i processi mentali solo traducendoli nella concatenazione meccanica dei processi nervosi corrispon-

  1. Recherche de la veritè, III, 2.