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quindi anch’esso per la sua stessa natura che la realtà empirica non è ciò che dovrebbe essere, è un qualche cosa di falso, di decaduto: e prova ad un tempo l’esistenza d’una realtà più alta, che sola ha il diritto di esistere; come verità per l’intelligenza, come bene per il sentimento (W., I, 165 ss.).

D’altro lato però la realtà empirica non contraddice direttamente alla norma, non ci presenta cioè unità reali e tuttavia mutevoli, condizionate, diverse da se stesse. Anzi: l’esperienza pur contenendo degli elementi che non soddisfano alla norma dell’esser vero, ci rinvia nondimeno essa stessa a questo essere in quanto è organizzata in modo da corrispondere apparentemente alle esigenze della norma. Il contenuto della nostra esperienza è organizzato in modo che noi riconosciamo nei nostri stati interiori un io unico in apparenza semplice e permanente e nelle sensazioni un mondo di sostanze corporee. Ora ciò non risulta solo, come sappiamo, da una subordinazione del materiale empirico all’a priori per mezzo delle forme della conoscenza, ma presuppone anche un principio d’orientamento della stessa Natura secondo le esigenze dell’a priori: infatti «noi non potremmo conoscere il contenuto delle nostre sensazioni come corpi fuori di noi, se esso non fosse già stato organizzato dalla Natura in modo da corrispondere in fatto a questo modo di apprenderlo» ( W I, 351). Ciò costituisce quella organizzazione deceptiva della realtà empirica, della quale lo Spir parla così sovente: in essa egli rinnova un pensiero famigliare ai teosofi ed ai mistici. «Era necessario, dice p. es. St. Martin parlando della caduta dell’uomo nella regione dell’illusione e del non essere, che questa regione ancora, per la molteplicità delle sue leggi e delle sue azioni, gli mostrasse in apparenza un’unità altra da quella dell’Essere semplice e verità altre dalla sua. Infine era necessario che il nuovo fondamento sul quale egli si era appoggiato gli presentasse un quadro fittizio di tutte le facoltà, di tutte le proprietà di questo essere semplice e tuttavia non ne avesse alcuna» (Tableau naturel, I, 80).

Questa oscura tendenza della stessa Natura verso l’essere perfetto si rivela ancora a noi come finalità dell’ordine naturale Von d. Endzweck d. Natur in Vier Grundfragen, 1880, 1-22; W., II, 274 ss.). Non può essere naturalmente nell’ordine delle idee dello Spir il vedere nel corso naturale delle cose un reale