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cioè su istituzioni di violenza e su una condizione di corruttela e di barbarie morale».

Anche da questa rapida esposizione è facile vedere (tralasciando tante altre sue osservazioni sulla fede, sul culto, sul sacrificio, sulle religioni naturistiche e storiche, che conservano anche oggi un alto valore) con quanta finezza e profondità Hegel consideri storicamente il fatto religioso: sotto questo rispetto è giusto considerare Hegel, accanto a Spinoza ed a Kant, come uno dei fondatori della filosofia della religione.

Ma ora viene il rovescio della medaglia. Su che cosa fonda Hegel, nella sua concezione filosofica, il valore della religione, che egli pone così in alto? Che cosa è questo Uno, di cui egli parla come un mistico? Noi l’abbiamo veduto: è lo Spirito, non come unità trascendente, ma come esistenza concreta e pienezza di determinazioni finite. Dio è lo spirito che si rivela nella concatenazione dialettica di tutte le sue determinazioni finite. Dio è lo svolgimento stesso del mondo, nella sua totalità e nella sua verità. Esso non ha un’esistenza a sè, indipendentemente dai contenuti nei quali si manifesta: lo spirito che non si rivela, dice chiaramente Hegel, non esiste. Se vi è un punto, nel quale Hegel è stato assolutamente costante a sè stesso, questo è l’avversione ad ogni concezione trascendente. Quindi l’attitudine polemica contro il pensiero di Kant, il quale pone sopra l’individuo la maestà della legge morale come presentimento e rivelazione pratica d’una realtà divina inaccessibile al nostro conoscere: come contro la teologia razionale, che, dice Hegel, «crede di porre Dio bene in alto quando lo chiama l’infinito ed insegna che tutti i predicati sono inadeguati all’infinito e che col riferirglieli si cade nell’antropomorfismo. Il vero è che rappresentando Dio come l’essenza suprema, essa fa di Dio un essere astratto, vuoto e senza realtà».

Ma se Dio è lo spirito e lo spirito non è che l’unità dialettica dei momenti della realtà, che cosa diventa in ultimo la religione? Non lasciamoci qui abbagliare dal linguaggio entusiastico di Hegel e cerchiamo di determinare con rigore e con chiarezza quale ne è l’oggetto. Oggetto della religione come della filosofia è, dice Hegel, Dio, la verità, l’assoluto: vale a dire la totalità dei momenti per cui lo spirito si eleva alla perfetta autocoscienza, considerata nella sua concatenazione neces-