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dell’eterno, della natura di Dio e di ciò che discende dalla sua natura. Il contenuto della religione e della filosofia è lo stesso: ma come di alcune stelle dice Omero, che hanno un nome nella lingua degli Dei ed un altro nella vita degli uomini, così vi sono per lo stesso contenuto due lingue: l’una del sentimento e della rappresentazione — la religione — ; l’altra del pensiero razionale — la filosofia. La superiorità della filosofia non importa che la religione debba scomparire: la religione non sparirà come non è sparita l’arte: la religione razionale rimarrà sempre il patrimonio di pochi. Ma vuol dire invece che la filosofia deve esercitare una costante azione purificatrice ed elevatrice sulla religione. Quindi non è la religione che deve giudicare della filosofia, ma la filosofia che deve giudicare di sè e della religione: quando la religione si arroga di giudicare la filosofia dal suo punto di vista, è il punto di vista inferiore che giudica il superiore. La religione deve anzi cercare nella filosofia la guida e il principio del suo progresso: la religione, dice Baader (citato da Hegel) non è cosa solo del cuore, ma anche e soprattutto della ragione: e non può essere stimata ed amata se non è anche razionalmente apprezzata.
Hegel ha parole eloquenti sopra questo problema tanto contrastato dei rapporti fra religione e filosofia, per mostrare la necessità di un rinnovamento intellettuale della religione. Giustamente egli condanna la religione puramente sentimentale: non è il sentimento, ma il pensiero che fa un uomo capace di religione. Così condanna ogni concezione che lasci sussistere nell’uomo il dissidio tra fede e ragione o che lo risolva in modo unilaterale negando l’uno o l’altro dei termini. Quando la religione e l’intelligenza entrano in conflitto, se la differenza non è conciliata nella conoscenza (scrive Hegel) essa conduce alla disperazione: che è pur essa una conciliazione unilaterale. È una conciliazione in cui si fa getto dell’un lato e ci si attacca fermamente all’altro, senza tuttavia giungere alla vera pace. O lo spirito così scisso rigetterà le esigenze dell’intelletto e tornerà al sentimento religioso nella sua semplicità. Ma questo lo spirito non può senza far violenza a se stesso. Perchè l’indipendenza dello spirito vuole soddisfazione e non può essere compressa con la violenza: lo spirito sano non può rinunciare alla libertà del pensiero. Allora il sentimento religioso si muta