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La filosofia religiosa dell’hegelianismo1


Due tendenze sembrano contendersi nella storia dello spirito il dominio del campo speculativo: la tendenza metafisico-religiosa e la tendenza empirico-naturalistica. La prima è assorta nel pensiero dell’Unità, del soprasensibile, del trascendente e sembra a questo sacrificare spesso i diritti della realtà sensibile, nella quale viviamo: e le maggiori difficoltà ad essa vengono appunto dal problema come mai accanto all’Unità assoluta possa coesistere ancora alcunchè di finito: questo è il problema, che sta a fondamento delle interminabili controversie intorno alla creazione, all’origine del male, alla libertà ed alla grazia. La seconda oblia invece nella contempazione della molteplicità sensibile l’esigenza dell’Unità: la quale anche nelle sistemazioni più rigorose, come p. es. nel monismo materialistico, si riduce ad essere poco più che il nome di una molteplicità assoluta. Allora invano il pensiero si affatica a cercare in questa molteplicità assoluta di esseri un’unità, che sia un ordine e che renda possibile quella distinzione e quella gradazione di valori, del vero e del falso, del bene e del male, senza di cui la nostra vita non è concepibile e la stessa filosofia perde ogni senso ed ogni ragione d’essere. Nella filosofia di Giorgio Federico Hegel noi abbiamo l’audace tentativo di risolvere questo secolare conflitto soddisfacendo e conciliando entrambe queste

  1. Estratto dal volume pubblicato nel 1926 per le onoranze a B. Varisco.