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sue opere sono di carattere scientifico e testimoniano della sua penetrazione singolare anche in questo campo. Basti ricordare la sua ipotesi cosmogonica sull’origine naturale del sistema solare, pubblicata nel 1755, in cui precorre di mezzo secolo Laplace; la sua memoria, pubblicata nel 1754 e intitolata: «Se la terra nella sua rotazione abbia subìto qualche mutamento», dove dà la prova del rallentamento graduale della terra nella rotazione intorno al proprio asse — prova che doveva essere riscoperta dopo un secolo; la sua teoria dei venti, che mette in connessione le correnti aeree con la rotazione della terra e che venne riscoperta nel 1835 da un fisico inglese. Non parrà strano quindi che nella sua «Critica» egli ci abbia dato non solo una critica della metafisica, ma anche, e per la prima volta, un’analisi ed una critica della scienza: il concetto rigoroso della ricerca scientifica, la netta separazione della scienza dalla filosofia, la giustificazione filosofica dei loro principii, la costituzione d’una logica delle scienze sono conquiste che datano dalla critica kantiana.

Ma il punto più importante e più essenziale per noi è l’aver reso possibile un nuovo e sicuro fondamento della concezione religiosa della vita. Presupposto e fondamento di tutta la filosofia kantiana è una metafisica idealistica, rigorosamente delimitata e sottoposta al controllo del pensiero critico, culminante in una morale di carattere religioso. I principii dell’intelletto per quanto ci diano un effettivo conoscere solo nell’esperienza umana, nondimeno, considerati in sè, ci rinviano necessariamente al di là dell’esperienza ad una realtà che è, rispetto a questa, trascendente, accessibile soltanto alla pura ragione. Noi che non siamo puri esseri razionali, possiamo averne notizia, non vera conoscenza; ma al difetto della conoscenza supplisce la ragione, come ragione pratica, con l’imporre alla nostra volontà l’esigenza d’una direzione razionale della vita. Certo la ragione non ci dà anche sotto l’aspetto pratico che poco più d’un indirizzo: essa non ci trasporta nel soprasensibile puro, ma ci sprona a superare la sfera del senso ordinando la nostra vita sensibile in modo che essa corrisponda alle esigenze della natura razionale. Tuttavia anche in questa forma la voce della legge morale è qualche cosa che già trascende la realtà in cui viviamo, è l’imperativo di una natura di-