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sono sotto il cielo (ricordiamo le parole memorabili di Kant) una cosa sola può dirsi veramente buona ed è la volontà buona.

Con questo concetto della moralità Kant riconciliava e superava nel tempo stesso, come già nel problema del conoscere, le soluzioni avverse del dogmatismo e dell’empirismo. Al dogmatismo metafisico, per cui la moralità è l’obbedienza alla volontà di Dio, rivelata a noi nella legge naturale e nella legge positiva, Kant oppone che noi non abbiamo nessuna conoscenza vera e propria di Dio e dei suoi decreti; e che d’altra parte non potremmo fondare quest’obbedienza verso un essere esteriore che sui sentimenti egoistici della speranza e della paura. All’empirismo che cerca l’origine della legge nella simpatia od in altri sentimenti Kant obbietta che il sentimento e il dovere appartengono a due sfere di vita radicalmente diverse; il sentimento appartiene alla nostra natura inferiore, animale; il dovere è spiritualità pura, ragione. Anche qui però in fondo la posizione kantiana era un rinnovamento dell’antica morale metafisica e teologica, della quale Kant rigetta la veste mitologica per ritenerne la verità sostanziale: la legge del dovere, se non è più il decalogo del Dio di Mosè, è bene la voce della natura divina che in ciascuno di noi parla come il nostro essere più vero e più profondo. Di qui la radicale avversione di Kant ad ogni forma di sentimentalismo: di qui la severità e la solennità religiosa della sua morale. Se la legge morale è l’espressione di questa natura divina, è ben naturale che essa ripudii ogni contatto con gli affetti che ci legano a questo mondo inferiore e si affermi nella coscienza come un imperativo inesorabile e sacro. Quindi il dovere è tale solo se è compiuto come dovere: ogni volontà interessata, ogni compiacimento, ogni sentimento anche nobile ne offusca la purezza. Noi dobbiamo compierlo non perchè troviamo un’intima soddisfazione a compierlo, ma perchè è l’espressione d’una volontà sacra, dinanzi allà quale noi dobbiamo piegare la fronte con reverenza.

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Il concetto della moralità come d’una elevazione pratica verso l’assoluto giustifica ora agli occhi di Kant — sebbene con qualche essenziale limitazione — l’antica metafisica. La legge