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cittadini di questo mondo soprasensibile: questo è il senso della legge morale. Se la vera realtà è la realtà razionale, anche l’essere nostro nella sua più vera natura vi appartiene: esso aspira, anche attraverso i veli della natura sensibile, a conoscerla e ad immedesimarsi con essa. La conoscenza non ci conduce che al limite di questo mondo divino: al di là essa manca di una direzione sicura. Tanto più sicura invece è la direzione che la ragione ci dà come sentimento del dovere: qui veramente essa ci introduce, almeno praticamente, nel regno dell’assoluto.

Ora in che consiste questa legge? Kant qui si richiama a quella stessa distinzione fra sensibilità e ragione che abbiamo già incontrato nel campo del conoscere. In primo luogo noi siamo, anche praticamente, esseri soggetti al senso: gli impulsi, i desiderii, i sentimenti che procedono dall’azione delle cose e si riassumono nel desiderio della felicità, costituiscono la nostra natura sensibile pratica. Ma l’uomo normale non può stabilmente arrestarsi in questa sfera che è la sfera dell’animalità soddisfatta: vi è in lui qualche cosa che sente questa dipendenza dalle cose come una servitù dolorosa ed umiliante: nella legge morale parla al nostro spirito la voce del nostro essere che aspira a liberarsi dal suo asservimento ad una natura inferiore e non veramente nostra, che vuole superare definitivamente il regno delle realtà sensibili e vivere come la sua natura lo esige. Ma in qual modo possiamo comportarci, come esseri razionali noi, che siamo esseri sensibili ed immersi in un mondo sensibile? Noi ci comportiamo come esseri razionali, dice Kant, quando, pure vivendo ed operando in questa realtà sensibile, non prendiamo direttamente nessuna cosa sensibile come fine per sè stessa, ma ci proponiamo di seguire nei nostri rapporti con le cose una direzione tale che la nostra volontà possa armonizzarsi in un tutto coerente con le altre volontà razionali; in altre parole, operiamo come esseri razionali e liberi quando conformiamo la nostra volontà all’unità di tutte le volontà buone, quando realizziamo per parte nostra quell’unità e quell’armonia degli spiriti di cui abbiamo nella voce della coscienza il presentimento e la rivelazione pratica. Il dovere non è quindi legato a nessun’azione particolare: non vi sono azioni buone, ma solo volontà buone; di tutte le cose buone che