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che serva ad essa di materia, onde raccoglie in una forma superiore di realtà tutte le possibili manifestazioni della realtà inferiore, è la totalità assoluta di questa realtà. Si comprende perciò come la negazione della forma introduca una contraddizione della realtà con sè stessa: e come l’esigenza formale, sebbene apparentemente in sè astratta e vuota, rappresenti il fine ultimo di ogni attività e la condizione indeclinabile del suo valore. Qui la forma si identifica con l’attività più alta dello spirito, anzi non è sostanzialmente altro che lo spirito, la ragione: quindi è presente in ogni atto dello spirito razionale, il quale non può rinnegarla senza rinnegare simultaneamente sè stesso.


20. Se il valore assoluto, al quale in definitiva si riferiscono come al loro criterio supremo tutti i valori subordinati, può essere soltanto un’attività formale dello spirito, vale a dire ciò che lo spirito vive e costruisce in quanto è, nel seno d’una vita inferiore, la attività preformatrice d’un’esistenza superiore, che tuttavia non può mai determinare la prima altrimenti che come un ordine formale ad essa imposto, è naturale che esso non possa mai costituire una cosa, un dato, una realtà separabile dall’attività del soggetto razionale. Quando questo bene obbiettivo è posto in alcunchè di sensibile, si ricade apertamente nella concezione che fa servire la ragione solo di strumento alla vita inferiore alla ragione: ma anche quando si fa consistere questo bene in alcunchè di conforme alla ragione (p. es. la volontà divina), si pone come dato e conoscibile un ordine che in sè stesso è a noi inaccessibile; onde non è meraviglia che, come avviene nella conoscenza, quando questa si arroga di determinare l’intelligibile, esso si degradi realmente in un dato sensibile o almeno si ponga di fronte a noi nello stesso rapporto in cui sta ciò che ci è realmente «dato» (l’ordine sensibile), diventi un bene sensibile, egoistico, empiricamente determinabile e perciò relativo. Un preteso ordine razionale dato è infatti per ciò stesso che è «dato» un ordine superato, qualche cosa che si contrappone alla volontà razionale come un limite cieco ed irrazionale: la razionalità è inseparabile dalla vita della ragione. Di fronte ad esso la nostra ragione si ostina ancora sempre alla ricerca d’un perchè, e se un perchè si trova, si è posto al di là della legge suprema una ragione di volerla, una ulteriore legge