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e quella mescolanza di principî razionali e di principî sensibili, che Kant critica così acerbamente nella sua Fondazione (Grundl. 388, 390, 410, 426, pr. V. 24). Kant invece distingue recisamente il mondo sensibile e l’intelligibile come due diversi gradi di realtà e considera l’unità formale della legge come una forma procedente da quel mondo intelligibile, «intorno al quale tuttavia non sappiamo nulla di più» (Grundl. 451, 457). Onde la sua separazione recisa del sentimento dalla ragione, della felicità dalla moralità e la possibilità d’un imperativo categorico non condizionato da alcun elemento empirico.


19. Con quest’origine trascendente della legge morale è strettamente connesso il suo carattere formale: la distinzione di materia e di forma è inseparabile dalla distinzione di gradi nella realtà. La partecipazione d’una forma non è che la partecipazione iniziale d’una realtà più alta: la realtà inferiore si dispiega come apparenza intorno ad un io più profondo, che a quella si oppone come il dover essere al semplice essere. Ed è appunto sotto questo aspetto che il principio formale, tanto nella conoscenza quanto nell’azione, può imporsi a priori alla coscienza come una necessità alla quale essa non può senza cotraddizione ribellarsi.

L’introdurre unità ed armonia nel nostro sapere per mezzo dei principî formali dell’intelletto è un’esigenza che esprime la natura più profonda dello stesso spirito conoscente: quindi essa è già effettivamente implicata anche dalla più elementare attività dello spirito in quanto conosce, dubita o nega. Così ogni volontà, che deliberatamente accetti o respinga una data linea di condotta, stabilisce una subordinazione di valori, costituisce la affermazione d’una natura razionale: come potrebbe quindi essa chiedersi ancora se debba o non riconoscere il principio formale della moralità dal momento che, questo negato, è implicitamente negata ogni subordinazione di valori, ogni dovere o non dovere? Nell’atto stesso che la volontà razionale si afferma, la sua stessa natura la costringe a cercare la perfezione sua nella sua razionalità interiore, nella sua unità: nè essa può sottrarvisi senza negare la natura sua e così queiratto stesso di deliberata volontà per il quale essa reputa razionale appunto il sottrarsi. La forma rappresenta inizialmente una realtà che trascende quella realtà