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lere che l’attività mia e quella altrui sia un’attività concorde, retta da leggi universali, perchè solo col libero accordo di tutte le volontà io avrò le condizioni più favorevoli all’esplicazione della mia volontà. La legge suprema della volontà non è pertanto che una legge formale, la legge della massima coerenza di tutte le volontà: essa è assolutamente valida e superiore ad ogni volontà particolare, perchè è la condizione dell’esplicazione stessa della volontà genericamente considerata.

Più profondamente elaborata, ma, in ultima analisi, diretta nello stesso senso è anche l’interpretazione del Cohen1. Le idee non ci rinviano, secondo il Cohen, ad un mondo trascendente, ma sono soltanto regole a priori che dirigono l’intelletto nell’estensione indefinita dell’esperienza. La realtà intelligibile non è altro che il mondo stesso delle leggi che reggono il mondo sensibile: o meglio è il limite ideale verso il quale tende il pensiero nella sua aspirazione a risolvere senza residuo la realtà data nelle sue leggi generatrici. Così l’idea della libertà non è che il limite ideale della causalità sensibile: la totalità delle cause e degli effetti non è pensabile dalla ragione che come un sistema di fini: l’autonomia, la libertà è il concetto del fine assoluto, dell’autotelia, che solo può dare un senso al sistema di leggi causali dell’esperienza. Anche sotto l’aspetto pratico l’intelligibile non è quindi niente più che un «punto di vista». Dire che vi è per l’uomo un noumeno è dire che vi è una massima dal punto di vista della quale l’uomo deve considerare le sue azioni come libere e se stesso come fine ultimo. Il fine vero della legge morale è lo svolgimento dell’umanità, rispetto al quale ogni uomo è certamente mezzo, ma sempre anche fine; solo bisogna ricordare che questo svolgimento non è una trasformazione meccanica, ma una approssimazione progressiva ad una realtà ideale che è indipendente da questo processo. Questo termine ideale è l’unità razionale delle volontà umane: onde la perfezione formale della volontà singola sta appunto nella sua universalità, nella sua composizione con le altre volontà: soltanto la composizione ci dà una forma in opposizione alla molteplicità delle uni-



  1. Cohen, Kant Begründ. d. Ethik2, 1910, v. specialmente 213 ss.