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sonetti amorosi | 85 |
xx
il pianto disperato
Oh Dio! che cari e preziosi pianti
son, languidetta mia, questi che versi
giú per le guance, e da’ leggiadri e tersi
vive perle stillanti, occhi stellanti!
Non vide Cipro, al morto Adone avanti,
sí dolce mai la Dea d’amor dolersi,
com’io di pure lagrime conspersi
del tuo volto celeste i duo levanti.
Onde sí bella sembri agli occhi miei,
che discesa fra noi da’ sommi chiostri,
vera diva immortal, t’adorerei.
Se non che, mentre del bel viso gli ostri
scolori e di morir disposta sei,
donna mortal nel tuo dolor ti mostri.
xxi
la sua donna
che piange sopra un fanciullo morto.
Mentre che ’l caro pargoletto estinto
di pure e calde lagrimette onora
la bella donna, e ’l viso ombra e scolora,
che di nova pietá langue dipinto;
lo mio dolente cor, che né pur finto
pianto mai trasse de’ begli occhi ancora,
sorge qual fior, cui bagna amica aurora,
giá da nemico Sol percosso e vinto.
Lasso! ma che mi val, s’Amor che ride
ne’ bei lumi piangenti, entro quel rio
gli strali affina, onde quest’alma ancide?
Anzi quel pianto in un spietato e pio
ne’ miei trasfonde, e con nòv’arti infide
versa per que’ begli occhi il pianto mio.